Institutions & Networks, Knowledge generation & representation, Innovation
Nel descrivere i suoi interessi di ricerca Walter “Woody” Powell collega in modo estremamente efficace i concetti di istituzione, rete e innovazione: i) “networks are where knowledge resides and action transpires [...]”; ii) “institutions are the external memory of society. Insitutions focus collective attention, encode the mores and rules of a community, and enable coordination to take place”. Non avrei potuto trovare espressioni migliori per introdurre sinteticamente il mio interesse per questi concetti.
A tal proposito, propongo la lettura del saggio "Networks and Institutions", di Jason Owen-Smith e Walter W. Powell (in Greenwood et al. 2008); inoltre, immancabile è il riferimento al lavoro di John W. Meyer e Brian Rowan (Meyer, Rowan 1977): un classico per questa letteratura! Per una rassegna appena più completa sulle basi del neoistituzionalismo organizzativo, sulle vicende dell'institutional work e sulle dinamiche metodologiche per questa prospettiva, suggerisco i riferimenti seguenti:
- DiMaggio P.J. (1988), “Interest and agency in institutional theory”. In L.G. Zucker (ed.), Institutional Patterns and Organizations: Culture and Environment, Ballinger.
- Greenwood R. et al. (2008), The Sage Handobook of Organizational Institutionalism, Sage.
- Lawrence T.B., Suddaby, R., Leca B. (eds.) (2009), Institutional Work. Actors and Agency in Institutional Studies of Organizations, Cambridge University Press.
- Powell W.W., DiMaggio P.J. (eds.) (1991), The New Institutionalism in Organizational Analysis, The University of Chicago Press.
Nel loro Riscoprire le istituzioni (un libro che, come molti “classici”, ogni tanto vale la pena rileggere), March e Olsen (1992, ed, it., Il Mulino) ricordano quanto complesse siano le dinamiche che dovrebbero portare all’introduzione di mutamenti sensibili e intenzionali nelle istituzioni complesse: «una istituzione può essere considerata come la risultante di tre sistemi: l’individuo, l’istituzione e la serie di istituzioni che può essere definita come ambiente. Molte complicazioni dello studio del cambiamento sono dovute al modo in cui questi tre sistemi si interconnettono» (p. 96). Quindi, da un lato la complessità rende “oscura” la “struttura causale del sistema sottoposto a cambiamento”; e dall’altro anche “mutamenti intenzionali convergenti”, potenzialmente sensati, posso combinarsi con gli interessi che guidano le singole azioni in modo del tutto inatteso, generando effetti imprevisti e non sempre desiderabili.
La realtà quotidiana è intrisa di fenomeni simili: l’emergere e il continuo riconfigurarsi di forme organizzative e di strutture sociali complesse appartiene alla storia dell’uomo, non solo e con crescente frequenza e complessità in epoca moderna, ma anche nel lontano passato. Trasversalmente rispetto ai miei ambiti di ricerca, i principali lavori in corso rispecchiano questa complessità trattando: le dinamiche organizzative e strategico-operative nel settore culturale (WP #01), le logiche di destination management in ambito turistico-culturale (WP #03) e i processi innovativi e del trasferimento tecnologico nelle c.d. life sciences (WP #02).
In tutti questi casi, considerare le “istituzioni” come processi d’azione con una tendenza alla stabilità e con un carattere tendenzialmente “conservatore” non costituisce in sé un errore: diventa però una ipotesi di lavoro piuttosto restrittiva o poco realistica quando la ricerca di relazioni stabili, il sostenere le regole esistenti e la riduzione delle differenze tra organizzazioni sono considerati elementi immutabili degli stessi processi d’azione (Powell, DiMaggio 1991). In generale, quindi, la prospettiva istituzionalista “classica” non sempre ha affrontato in modo del tutto soddisfacente la difficile questione del cambiamento organizzativo. Come attivare la “riserva di adattabilità” che ogni istituzione conserva? In quale modo sfruttare, in tal senso, “l’incompletezza delle regole e delle routine della vita istituzionale”? Come eliminare “l’ambiguità che circonda le regole” o provocare un mutamento intenzionale e relativamente repentino nelle strutture?
Lawrence, Suddaby e Leca (2009), nell’introdurre la prospettiva dell’institutional work col fine di connettere in modo nuovo idee e concetti differenti ma già presenti in questa tradizione teorica, evidenziano questi aspetti:
«early work suggested a dominant impact of institutions on organizational structure and practice, and a limited role for agency; in contrast, more recent work, organized significantly under the rubric of institutional entrepreneurship, has portrayed some actors as powerful, heroic figures able to dramatically shape institutions. In this section, we discuss these approaches to the relationship between actors, agency, and institutions, and explore the potential for the concept of institutional work to provide an alternative approach that draws on the strengths of the traditional views without suffering from their overstated positions» (ibidem: p. 3).
Il concetto di institutional entrepreneurship risale infatti ad un saggio di Paul DiMaggio del 1988: “new institutions arise when organized actors with sufficient resources (institutional entrepreneurs) see in them an opportunity to realize interests that they value highly” (il corsivo è originale). E a ben vedere il paradosso dell’embedded agency (ovvero l’antico dibattito “agency vs. structure”) si collega al tema di come alcuni attori di un campo organizzativo possono convincere altri attori ad adottare pratiche e percorsi d’azione non solo nuovi ma che, spesso, sembrano divergere dalle norme utilizzate in un determinato ambiente istituzionale.
L'approccio dell'institutional work poggia le sue basi teoriche ed empiriche sia sul concetto di agency sia sulla tradizione di ricerca delle practice theories (ad es.: Nicolini 2012). Nel loro saggio "Institutions and Institutional Work",Lawrence e Suddaby (2006)sottolineano:
«The second major foundation for the concept of institutional work comes from research in the tradition of and inspired by the sociology of practice (Bourdieu 1977; 1993; de Certeau 1984; Giddens 1984; Lave and Wenger 1991). This tradition understands practices as “embodied, materially mediated arrays of human activity centrally organized around shared practical understanding” (Schatzki et al. 2001: 2). Thus, studies of practice focus on the situated actions of individuals and groups as they cope with and attempt to respond to the demands of their everyday lives (de Certeau 1984)» (2006, p. 218)
Due recenti studi che ho affrontato, con particolare riferimento ad un progetto in collaborazione con Paola A. M. Mazzurana e Daniel Pittino, costituiscono altrettanti casi in cui il paradosso dell’embedded agency sembra manifestarsi in forme del tutto inattese, collegando tra loro le logiche dell’institutional work e dell’institutional entrepreneurship. Nello specifico, lo sviluppo di identità organizzative complesse è risultato connesso con l’esplorazione e l’adozione di “archetipi organizzativi” che non sempre si rivelano “pronti all’uso” per istituzioni che dovrebbero governare i processi di istituzionalizzazione in capo: sia al settore culturale (con la specifica formula pensata per la Fondazione Aquileia); sia al settore delle life sciences (con l’evoluzione in chiave spiccatamente market driven della ricerca scientifica di un distretto tecnologico).
Entrambe le situazioni di ricerca richiamate per introdurre questo filone di studio si avvalgono della prospettiva dell’ANT e di procedure di tipo etnografico (Latour 2005). Qui di seguito ho indicato alcuni dei più significativi lavori di Bruno Latour dai quali ho cercato di trarre ispirazione (inoltre, John Lawe Michel Callon sono due dei più importanti promotori di questa prospettiva):
- Latour B., Woolgar S. (1986), Laboratory Life. The Construction of Scientific Facts, Princeton Universiry Press;
- Latour B. (1987), Science in action. How to Follow Scientists and Engineers through Society, Harvard University Press
- Latour B. (1993), We Have Never Been Modern, Harvard University Press.
- Latour B. (1999), Pandora's Hope. Essays on the Reality of Science Studies, Harvard University Press
- Latour B. (2002), La Fabrique du droit. Une ethnographie du Conseil d'Etat, La Découverte
Per quanto controversa e di non facile attuazione, da un punto di vista metodologico l’ANT propone un percorso di ricerca promettente e stimolante: negli studi pilota richiamati, con la possibilità di apprezzare l’intera evoluzione delle due vicende organizzative, fin dalle origini, è stato possibile ricostruire e analizzare in profondità i rispettivi processi di imprenditorialità istituzionale. Lo stesso Latour, nel descrivere i contenuti di un suo recente lavoro, sottolinea le difficoltà derivanti dall’assumere un punto di vista e delle logiche d’analisi così singolari:
«Everyone seems to know with what sort of forces and in which sort of materials the social world is made. I have always been struck, on the contrary, by the huge gap between the vast variety of attachments with which people elaborate their different worlds and the limited repertoire we possess in social science to account for them. I found this gap widening even more when I began, thirty years ago, to provide a social explanation of scientific practice. While most people said such an enterprise was clearly non sense; while some of my close colleagues claimed it was, if not easy, at least feasible within the normal limits of the humans sciences, a few friends and I decided to take the enormous difficulties of this task as the occasion to rethink the notions of society and of social explanation. Starting from the new insights of science studies, we have since explored many other domains from technology to health, from market organizations to art, from religion to law, from management to politics. This alternative way of practicing sociology has been called Actor-Network-Theory or ANT. Although it has been widely used, it has also been largely misunderstood — in part because of the ambiguity of the word ‘social’. To clarify those misunderstandings, I thought useful to write an introduction to this small school of thought — or rather to propose my own version of it. In this book I show why sociology may be construed as the science of associations and not only as the science of the social. This reformulation of what is meant by the two terms of ‘science’ and ‘society’ will lead us to revisit several neglected traditions, especially that of Gabriel Tarde. In this book, readers will be offered a different way to fulfill the three duties of sociology: how to deploy the controversies about the social world; how to retrace the means through which they are stabilized; and, finally, how to gain some political relevance» (Bruno Latour).
Per quanto concerne, in particolare, lo studio dei processi di istituzionalizzazione del trasferimento tecnologico nelle life sciences, estremamente utili si sono rivelate le ricerche diJohn F. Padgettsui processi di creazione dei contesti organizzativi e istituzionali. Il progetto relativo alle istituzioni del periodo del Rinascimento Fiorentino sono di estremo interesse; così come le molte anticipazioni del libro curato con Walter W. Powell, per Princeton University Press, intitolato The Emergence of Organizations and Markets (un altro bell’esempio di programma di ricerca). Lo schema di analisi su cui sto lavorando con Paola Mazzurana e Daniel Pittino manifesta un evidente “debito intellettuale” nei confronti delle suggestioni proposte da queste ricerche.
Working Paper, Series in “Institutions & Networks”
[WP #01] «The World Heritage Site of Aquileia: "A Tale of Two Cities". Institutional Identity and Managerial Innovation in Cultural Organizations»/L’evoluzione della gestione del sito UNESCO di Aquileia: attivare processi di cambiamento istituzionale nelle organizzazioni museali (fig. #01a; fig. #01b):
- 1- Nascita della FA; 2-Confronto leggi regionali; 3-Materiali di ricerca; 4-Organigramma "di fatto"; 5- Processo di istituzionalizzazione/a; 6-Processo di istituzionalizzazione/b; 7-Processo di scavo; 8- Tabella di sintesi;9-Tabella di sintesi_dinamiche
- [a] «Imprenditorialità istituzionale e forme organizzative nuove per la gestione di un sito UNESCO: questioni di innovazione istituzionale, di cambiamento organizzativo e di master plan»
- [b] «Managing a WHS in Italy as Janus Bifrons: a "decentralized centralization" between efficacy and efficiency» (figure 1 - multidimensions; figure 2 - professional/managerial control; table 1 - actors, activities, artefacts; table 2 - data sources; table 3 - materiality & cross-disciplinary collaboration)
- [c] Lavoro istituzionale e trasformazione della gestione di un sito UNESCO: il patrimonio culturale tra processi di pianificazione e di cambiamento organizzativo (preliminary draft; slide)
[WP #02] Mazzurana P.A.M., Pittino D., Crisci F. (2010), “The Genesis of a Bio-technological District in an Institutional Entrepreneurship Perspective” (fig. #02, fig. #03, fig. #04, fig. #05)
- La figura #01 fornisce una rappresentazione dello schema interpretativo (in progress) sul processo di cambiamento istituzionale collegato alla nascita della Fondazione Aquileia; le figure #02, #03, #04 e #05 fanno riferimento allo schema di analisi (in progress) e al quadro teorico e metodologico relativi alla ricerca sul Distretto di biomedicina molecolare del FVG.
[WP #03] "Social Movements and Institutional Innovation" & "Institutional resistance, Power, and Institutional Work". Il tema di ricerca e la prospettiva di "critical management/critical studies" permette di collegare questo filone "istituzionale" con la prospettiva dei "Working Consumers-WCs" nelle ricerche di consumer experience su identità e azione collettiva, WP #04).
Al momento, questo progetto si sviluppa soprattuto su due fronti:
- da un lato, nell'ambito di un gruppo di lavoro internazionale e interdisciplinare che si riunisce periodicamente a partire dall’autunno 2014. Il topic di questa ricerca è diventato argomento di una proposta di track della prossima conferenza dell’European Academy of Management (EURAM) (Warsaw 2015, call for paper; Parigi 2016, call for paper/forthcoming), all’interno dello Strategic Interest Group (SIG) denominato “Business for Society”;
- inoltre, nell'ambito di un Programma di ricerca nazionale/PRIN 2010 su "Ricerca scientifica e competitività. Varietà delle forme di impresa, sistemi di supporto e dimensioni di performance" (Responsabile Scientifico e Coordinatrice: Francesca Visintin, Università di Udine).
Con riferimento ai temi degli "ibridi organizzativi", di "institutions and power", e allo studio delle professioni come attori del cambiamento istituzionale ("professions as process and practice"):
- [a] "Collective action structuring change: The French unemployment insurance system in the performing arts" figura 1(schema descrittivo); figura 2 (research setting, data analysis); slide progetto in progress
- [b] "A Time to Work": The Conflict of the "Intermittents du Spectacle". Social-Construction of a Cultural Labour Market (figura 1, data analysis)
- [c] "Institutional Entrepreneurship and New Organizational Forms: The Emergence of New Practices and Models of Organization in the Field of Cultural Heritage" (working title).
- [d] "Hybrid Organizing and Professional Hybrids: Academic Entrepreneurship in a Centre of Research in Genetics and Genomics", figura 1 (data setting);figura 2(data analysis);
- [e] "An Institutional History of Madness: Franco Basaglia and the Case for a Radical Revolution" (working title).
Lo studio di caso su IGA & IGA-Tech (l'Istituto di Genomica Applicatae il laboratorio dell'IGA-Technology Services) è oggetto di un ulteriore lavoro sul fenomeno dell'amphibious scientist come attore-rete e sul tema dell'evoluzione delle forme organizzative e sulle dinamiche dei team imprenditoriali nell'ambito delle life sciences e del biotech:
- [f] con Paola A.M. Mazzurana (2015-2016), "Reassembling the social" in Entrepreneurial Innovation and Academic Entrepreneurship Studies: The "Amphibious Scientist" Phenomenon (slide capitolo in progress; first draft)
figura 1 (three models of DBF); figura 2 (time line); tabella 1 (research material); tabella 2a e tabella 2b (first generation of DBF); tabella 3 (empirical constructs); tabella 4a, tabella 4b, tabella 4c (representative data); tabella 5 (two variants of DBF). Questa parte della ricerca fa esplicito riferimento a questi lavori, reinterpretati in chiave di sociologia della traslazione, e dai quali sono state elaborate la figura 1 e le tabelle 2a e 2b, 3 e 6:
- Padgett J.F., Powell W.W. (eds.) (2012a), The Emergence of Organizations and Markets, Princeton University Press
- Padgett J.F., Powell W.W. (2012b), “The Problem of Emergence”, in Padgett J.F., Powell W.W., eds., The Emergence of Organizations and Markets, chapter 1, pp. 1-31
- Powell, W.W. andOwen-Smith J. (2012), “An Open Elite: Arbiters, Catalysts, or Gatekeepers in the Dynamics of Industry Evolution?” in Padgett J.F., Powell W.W., eds., chapter 15, pp. 466-494
- Powell W.W., Sandholtz K.W. (2012a), “Amphibious Entrepreneurs and the Emergence of Organizational Forms”, Strategic Entrepreneurship Journal, vol. 6, pp. 94-113.
- Powell W.W., Sandholtz K.W. (2012b), “Chance, Nécessité, et Naïveté: Ingredients to Create a New Organizational Forms”, in Padgett J.F., Powell W.W., eds., chapter 13, pp. 379-433
- Powell W.W., Packalen K., Whittington K. (2012), “Organizational and Institutional Genesis: The Emergence of High-Tech Clusters in the Life Sciences”, in Padgett J.F., Powell W.W., eds., chapter 14, pp. 434-464.
[WP #04] Su "Sociomateriality & Technology, Work and Organization" (sul tema di una teoria istituzionale del collasso morale nelle organizzazioni e più in generale sui concetti di innovazione istituzionale e di institutional work):
- [a] Progetto di ricerca su "Artefatti digitali & Digital Forensics: processo telematico, investigazione digitale e professional services"(slide)
- [b] "Ciò che internet ci nasconde": i pericoli della "personalizzazione" del web e il controllo istituzionale di uno "spazio pubblico"
- [c] Responsible Consumers and Institutional Work: The Story behind the Modern Environmental Movements ("Last Call", "How to Change the World", and "Black Ice")
Questo lavoro ruota attorno a tre documentari: "Ultima chiamata"(2013, 54 minuti), sul tema della crisi ambientale globale, e basato sul rapporto del 1972 “The Limits to Growth”, commissionato al MIT dal Club di Roma e redatto da Dana e Dennis Meadows, Jorgen Randers e William W. Behrens III; "How to Change the World" (2015, 106 minuti) e "Black Ice" (2014, 52 minuti) sulla storia di Greenpeace in chiave di attivismo e movimenti sociali.
- [d] «"Mad Blood Stirring" (the "Crudel Zobia Grassa") in 1511: Institutional change/Collective Action, social "dis/ordering" and "vendetta" in the most damaging popular revolt in Renaissance Italy» / La "crudel zobia grassa" del 1511: un'inchiesta sull'identità e la vendetta nella più tragica rivolta popolare del Rinascimento italiano
- [e] Some Elements of Institutional Work: A Cultural History of Gothic Architecture
Questo progetto ruota attorno al lavoro di Erwin Panofsky "Architettura gotica e filosofia scolastica": l'indagine sulla frattura tra architettura romanica e gotica, a cavallo tra storia dell'arte, speculazione estetica e filosofica, avanguardie nelle arti visive e in architettura, restituisce interessanti spunti per indagare le dinamiche delle logiche istituzionali in termini di practice approach e in una prospettiva di institutional work.
Un esempio molto interessante di programma di ricerca su tematiche e in contesti di analisi simili è rappresentato da questi lavori di Paolo Quattrone sul tema dell'accounting nel periodo medievale nell'ambito dell'ordine dei Gesuiti: 2004, 2009, 2015
Una variante della stessa ricerca sul tema degli edifici come "artefatti culturali", si basa sul progetto di Wim Wenders "Cattedrali della Cultura 3D" (seguito del progetto dedicato a Pina Bausch). In un unico film, attraverso sei episodi, altrettanti spazi vengono raccontanti nella loro dimensione "estetica" e "materiale": la Filarmonica di Berlino (Wim Wenders); la Biblioteca Nazionale Russa (Michael Glawogger); il Carcere di Halden, (Michael Madsen); il Salk Institute (Robert Redford); il Palazzo dell’Opera di Oslo (Margreth Olin); il Centre Pompidou (Karim Aïnouz).
[WP #05] Organizzare il territorio: processi di istituzionalizzazione nelle destinazioni turistiche
- (fig. #06; un progetto interessante analizzato in questo lavoro in una prospettiva di destination branding: lo spot della Regione Toscana).
La figura #06 ripropone uno schema generale di analisi dei processi di imprenditorialità istituzionale: il fenomeno oggetto di indagine è quello dell'organizzazione della produzione turistico-culturale di un territorio attraverso il ruolo di una "destination management organization" (DMO).
Benché sia presente in tutti i filoni di indagine che sviluppo, forse è in questo specifico progetto che si manifesta in modo più evidente quel collegamento di fondo che cerco di perseguire tra didattica e ricerca. Questa azzardata alchimia, da molti evocata (spesso a sproposito) e da pochi davvero esplorata in tutte le sue conseguenze (teoriche e pratiche), è sempre più difficile da realizzare anche (e soprattutto) nelle discipline manageriali: a) oggigiorno, in generale, i progetti formativi e i percorsi di studio pensati per collegare veramente didattica e ricerca sono sempre più rari, soprattutto perché necessitano di molto tempo per essere seriamente disegnati e ponderatamente praticati; b) inoltre, sempre più scarsa attenzione, questa sì tutta disciplinare, viene prestata alla ricerca empirica (soprattutto, intendo dire, la ricerca “sul campo”) che necessita di ritmi e periodi di lavoro che poco si prestano alla logica dominante del publish or perish.
Per contro, naturale filo conduttore con l’attività di ricerca che svolgo da anni su temi solo apparentemente distanti tra loro, l’insegnamento di Economia e Gestione delle Imprese Turistiche (EGIT) (v. alla Sezione “Teaching”) è stato interamente progettato e si è evoluto nel tempo con una precisa chiave di lettura “culturale” o, se si preferisce, in una prospettiva “knowledge based”, del tradizionale concetto di “destination management”. Ricollocando al centro del ragionamento sui modelli di sviluppo economico la “produzione del territorio”, la “cultura” diventa riflessivamente tanto l’origine quanto il risultato di questo processo; e il turismo non è altro che una delle possibili forme attraverso cui l’economia di un territorio si manifesta. Ciò comporta “rifocalizzare” l’attenzione di (futuri) professionisti e studiosi, “riscoprendo” il territorio come peculiare “archetipo organizzativo” in grado non solo di spiegare, ma di attivare e qualificare i modelli di sviluppo. In un saggio del 2004, Enzo Rullani propone questa riflessione:
«Il territorio è innanzitutto terra, ossia conformazione naturale dei luoghi, dei flussi e del clima. Ma, poi, è anche storia degli uomini – in carne ed ossa – che hanno abitato quei luoghi, dandogli forma e significato. Infine, il territorio è cultura e organizzazione, pratica e conoscenza condivisa che si accumulano in quel luogo e nelle relazioni che addensa. Insomma, una specie di enciclopedia di tutte le possibili forme di unicità» (p. 152).
«Se il territorio si fa, e non si riceve già fatto, anche l’identità territoriale – oggi – non si riceve dalla nascita o dalla localizzazione, ma dal senso che si dà alla propria presenza in un luogo e in una storia» (p. 166).
Fonte: Rullani E. (2004),“Dai distretti alla distrettualizzazione: le forze che fanno (e disfano) il sistema territoriale”, in Bellana N., Dardi M., Raffaelli T. (a cura di), Economia senza gabbie. Studi in onore di Giacomo Becattini, Il Mulino, Bologna
Nello specifico, la locuzione “turismo culturale”, quando viene collegata alle logiche dello sviluppo economico di un territorio, può diventare, a seconda delle prospettive: o un pericoloso “ossimoro” in cui le strategie delle destinazioni turistiche poco hanno a che spartire con le specificità dei processi di produzione delle organizzazioni culturali, nel momento in cui queste ultime altro non sono che semplici “fattori di attrattiva” di un territorio; oppure, come in una sorta di “pleonasmo”, una espressione che nulla potrebbe aggiungere alla ricerca di un modello di sviluppo economico di un territorio “culturalmente sensato” e del quale la destinazione turistica dovrebbe essere espressione.
Per sviluppare questo filone di indagine, a cavallo tra governance e marketing delle destinazioni turistiche, ho la fortuna di confrontarmi, tra gli altri, con un amico e collega: Giacomo Del Chiappa è Assistant professor presso di Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Sassari; studioso preparato e attento, approfondisce da diverso tempo i temi connessi al tourism management, collaborando con diversi gruppi di lavoro nazionali e internazionali e coordinando direttamente molti progetti di ricerca sul campo. Entrato a far parte integrante del gruppo di ricerca del DIES che si occupa di management delle organizzazioni culturali, di recente Giacomo è stato “in visita” a Udine: in occasione di un seminario di ricerca ha avuto modo di presentare gli sviluppi recenti del sul lavoro e il quadro di riferimento della nostra collaborazione. Qui di seguito trovate il materiale utilizzato in occasione del seminario:
Coordinando un vasto progetto di ricerca internazionale, Giacomo sta sviluppando diverse indagini sul marketing museale e sulla prospettiva del “community based tourism” nel caso di destinazioni turistico-culturali e di destinazioni croceristiche. Il titolo del seminario di Udine coincide con il lavoro realizzato con Ilenia Bregoli e recentemente pubblicato in Tsiotsou R.H., Goldsmith R.E., eds., Strategic Marketing in Tourism Services, Emerald (Del Chiappa, Bregoli 2012).
[WP #06] La costruzione di un campo organizzativo: il collezionismo d'arte a Venezia tra '500 e '700
- Per questo progetto cercherò di avvalermi della "rilettura" in chiave di "cambiamento socio-tecnico e istituzionale" della "monumentale" opera "Il collezionismo d'arte a Venezia" edita, in tre volumi, da Marsilio in collaborazione con la Fondazione Venezia: "Il Seicento", a cura di L. Borean e S. Mason, 2007; "Dalle origini al Cinquecento", a cura di M. Hochmann, R. Lauber e S. Mason, 2008; "Il Settecento", a cura di L. Borean e S. Mason, 2009.
- Inoltre, il materiale è completato con questo recente lavoro: Furlan C., Tosini P. (2015), I cardinali della Serenissima. Arte e competenza tra Venezia e Roma (1523-1605), Silvana Editore
Bibliografie ragionate (in progress)
- Gherardi S. (2013), How to Conduct a Practice-based Study: Problems and Methods, Edward Elgar
- Knorr Cetina K., Schatzki T.R., von Savigny E. (2000), The Practice Turn in Contemporary Theory, Routledge
- Nicolini D. (2012), Practice Theory, Work, and Organization: An Introduction, OUP Oxford
- Schatzki T.R. (2002) The Site of the Social: A Philosophical Account of the Constitution of Social Life and Change, Pennsylvania State University Press
- Schatzki T.R. (2008), Social Practices: A Wittgensteinian Approach to Human Activity and the Social, Cambridge University Press
- Schatzki T.R. (2012), The Timespace of Human Activity: On Performance, Society, and History as Indeterminate Teleological Events (Toposophia), Lexington Books