Oggetto di ricerca e contesti di analisi prevalenti permettono di raggruppare in tre filoni principali i progetti di ricerca in corso, completati da un ulteriore filone di studio sugli aspetti epistemologici e sui metodi di ricerca che prevalentemente utilizzo nelle mie indagini: 

  • Knowledge-Based View of the firm; 
  • Institutions & Networks/Narrating the organization; 
  • Marketing research & Consumer experience

Ad ogni filone di ricerca è dedicata una specifica pagina di questa sezione del sito. Benché distinti più per comodità e per cercare di dare una parvenza d’ordine in un paesaggio che risulterebbe altrimenti ancor più complicato da esplorare, questi research stream sono intimamente intrecciati. Il lettore può considerare questo tentativo di sintesi come una sorta di portolano, libero di utilizzare questa “guida alla lettura” come meglio crede; e, eventualmente, libero di provare a trovare i legami più o meno evidenti che sembrano manifestarsi nel mio attuale percorso di ricerca. 

Social Research Methods  

Nei più vari ambiti di ricerca, il principale filo conduttore all’intero di ogni discorso scientifico è costituito dalle modalità attraverso cui i problemi vengono formulati e dalle procedure per risolvere tali problemi. Un “paradigma” (à la Kuhn) o un “programma di ricerca” (à la Lakatos) viene costruito attraverso i tentativi di sistematizzare i fenomeni all’interno di una costruzione teorica che manifesterà una sua struttura e validità solo col tempo.

Il primo e più importante filo conduttore o chiave di lettura comune tra i filoni di ricerca che propongo è costituito dalle scelte “sulla maniera più adatta a praticare la scienza e a farla procedere”, vale a dire sui processi attraverso cui queste indagini sono portate avanti. Per processo non intendo solo l’utilizzo di specifici “strumenti” metodologici (ricerche che, genericamente, potrebbero essere definite di stampo “qualitativo”). La “coerenza” scientifica che rincorro nelle mie ricerche è quella che collega tra loro gli elementi di una catena imprescindibile e necessaria vale a dire basi epistemologiche, teoriche, metodologiche ed empiriche distintive di un programma di ricerca.

In questi termini si spiega il principale background epistemologico delle mie indagini: il tentativo di trovare un possibile percorso comune tra la tradizione fenomenologica e quella del costruttivismo sociale (questa figura è tratta dal saggio di Gibson Burrell, in Clegg e Hardy 1999).

A cavallo tra studi di management, di sociologia, di antropologia e di psicologia sociale, le indagini che conduco sono di stampo interpretativista e si caratterizzano per l’utilizzo, in modo interdisciplinare, di differenti tecniche per la raccolta del materiale di ricerca:

  • simbolismo organizzativo e approcci culturali in case study e storytelling, grounded theory approach;
  • etnomedologiaper l’approccio della actor-network-theory (ANT);
  • conoscenza narrativa e semiotica interpretativa

Qui di seguito propongo alcuni materiali che richiamano specifici programmi di ricerca coerenti con i filoni di indagine presentati nei punti successivi: 

  • il saggio introduttivo di Sidney J. Levy nel bel manuale curato da Russell Belk (Belk 2006);
  • l’articolo di Eric J. Arnould e Craig J. Thompson che ha etichettato per la prima volta la prospettiva della Consumer Culture Theory (Arnould, Thompson 2005);
  • due interessanti saggi di Karl E. Weick sul processo di teorizzazione negli studi organizzativi (Weick 1989; 2005);
  • un estratto dal libro di Bruno Latour che problematizza, da par suo, l’adozione della prospettiva della ANT (Latour 2005);
  • un articolo molto stimolante di Mats Alvesson e Jörgen Sandberg (2011) sul concetto di problematizzazione, particolarmente caro agli studi di Critical Management

In termini operativi, le scelte di metodo richiamate impattano notevolmente sulle procedure di ricerca e sulle modalità di lavoro sul campo: a cavallo del triennio 2009-2012, ad esempio, sono individuabili tre principali temi di ricerca (l’organizzazione/integrazione della filiera produttiva dello spettacolo dal vivo, i processi di branding, i processi di distrettualizzazione/istituzionalizzazione del trasferimento tecnologico e dei processi di tutela e valorizzazione dei beni culturali) che sono collegabili ad altrettanti “studi pilota”, tutti di stampo etnografico (il concetto di “Teatro popolare” e il caso del “Festival di Avignone”, il fenomeno letterario di “Tiziano Terzani”, la nascita del distretto “biotech” del Friuli Venezia Giulia e l’organizzare la valorizzazione del/nel sito archeologico Unesco di Aquileia). La formula dello “studio pilota” permette di organizzare l’attività di ricerca incrociando oggetto di indagine e contesto di ricerca, rendendo possibile lavorare contemporaneamente su più “siti”: ma una indagine etnografica attenta non si caratterizza solo per la dimensione spaziale ma anche per quella temporale.

In ciascuno degli studi pilota richiamati, la dimensione temporale emerge in molte delle sue possibili varianti: i) una ricerca che è terminata per quanto concerne la fase di lavoro sul campo e di raccolta del materiale (durata circa 7 anni) ma che necessita di una specifica fase interpretativa attualmente in progress (il “caso di Avignone”); ii) una indagine che può definirsi completata tanto nella fase “sul campo” che in quella di interpretazione (per un periodo complessivo di 5 anni), tanto da cominciare a produrre “risultati” in termini di pubblicazioni (il processo di branding dell’esperienza culturale che ruota attorno alla figura di Tiziano Terzani); iii) una analisi con un doppio contesto di ricerca (distretto “biotech” e sito culturale Unesco) che ha permesso di sovrapporre le fasi di “lavoro sul campo” (non particolarmente lunghe: tra i due e i tre anni) e quella di interpretazione del materiale raccolto, tanto da offrire fin d’ora lo spunto per la produzione di pubblicazioni (al momento, in corso di stesura) su specifici aspetti della ricerca (vale a dire: la gestione/valorizzazione di due “commons” molto particolari, la ricerca scientifica e i beni culturali, attraverso formule organizzative che si sono rivelate non “consonanti” con ciò che era oggetto della gestione). 

«Un nano ritto sulle spalle di un gigante può vedere più lontano dello stesso gigante» 

Le vicende del famoso aforisma «Se ho visto più lontano è perché stavo sulle spalle di Giganti», raccontate da Robert K. Merton, nonché le logiche del pensiero congetturale forniscono una buona rappresentazione dello specifico filo conduttore che lega tra loro temi e ambiti di ricerca solo apparentemente così generici e disorganici.


«[L’Aforisma dei nani sulle spalle dei giganti] è un equivalente approssimativo della concezione sociologica del ventesimo secolo che le scoperte scientifiche emergono dalla base culturale esistente e per conseguenza, in condizioni che possono essere definite con sufficiente precisione, divengono praticamente inevitabili. Sappiamo che l’Aforisma ha davvero avuto origine da Bernard de Chartres [...]. E come puoi vedere dal piccolo campionario di casi che ho presentato, l’Aforisma si è fatto poi lentamente strada nel diciassettesimo secolo allorché fu rilanciato da Newton per restare per sempre associato al suo nome [...]».

(R.K. Merton, OTSOG, 1991, ed. it.: p. 252)

«La lezione di questo libro [...] è che non è detto che il ricercatore debba condurre la propria ricerca, tra scoperte e perplessità, riempiendo magari alla fine vuoti che apparivano all’inizio, talora e dovutamente saltabeccando da idea a idea, controllando ipotesi e poi rigettandole, per fornire infine al lettore una superficie levigata e pulita, un discorso lineare e conseguente, dove tutto pare andare a posto quasi per miracolo, e l’autore sembra parlare con l’olimpicità di un dio che vede tutto e tutto sa. Talora di una ricerca si è tenuto a presentare solo la fase finale, ma grande lezione pedagogica e scientifica è anche il racconto di una ricerca mentre si fa passo per passo, tra sinuosità e deviazioni, punti morti e assaggi di strade possibili [...]. OTSOG è il racconto di come nasce un’idea, un dubbio, una curiosità, e come si procede ad approfondire uno spunto. Naturalmente OTSOG teatralizza il processo, e impudicamente ci depista per parentesi apparentemente irrilevanti [...].

Ma c’è molto metodo in questa follia, perché alla fine Merton ci dice come una scoperta possa avvenire per serendipità, e cioè cercando una cosa (senza che nessuno te l’abbia chiesto) e trovandone un’altra (che senza saperlo, tutti attendevano) o cercare qualcosa che tutti volevano, e trovare che il vero oggetto del desiderio collettivo stava, nascosto, altrove».

(Umberto Eco, “Introduzione” all’edizione italiana di OTSOG, 1991: pp. 6-7)


Per chi volesse approfondire, qui di seguito riporto i riferimenti bibliografici specifici:

  • Merton R.K. (1991), Sulle spalle dei giganti, Il Mulino, Bologna
  • Merton R.K., Barber E.G. (2002), Viaggi e avventure della Serendipity. Saggio di semantica sociologica e sociologia della scienza, Il Mulino, Bologna. 

Nel “segno dei tre”: sulla conoscenza congetturale 

Carlo Ginzburg, nel suo saggio Spie. Radici di un paradigma giudiziario (Ginzburg 2000), riflette in modo suggestivo sul ruolo che ha il pensiero congetturale (o paradigma indiziario)applicato “alle scoperte scientifiche e mediche, alle indagini criminali, alle ricostruzioni storiche e alle interpretazioni filologiche di testi letterari” (Eco 1990). A tal proposito, ripropongo questi due famosi episodi.


Storia #01. «“Avete appena parlato di osservazione e deduzione. Certamente l’una in una certa misura implica l’altra.”

“Niente affatto,” rispose adagiandosi comodamente nella sua poltrona e innalzando densi anelli di fumo dalla pipa. “Per esempio, l’osservazione mi mostra che siete stato nell’ufficio postale di Wilgmore Street questa mattina, ma la deduzione mi permette di sapere che da lì avete spedito un telegramma.”
“Giusto,” dissi io. “Giusti entrambi i punti. Ma devo confessare che non riesco a capire come ci siete arrivato. E’ stata una decisione improvvisa da parte mia, e non ne ho parlato a nessuno.”
“E’ semplicissimo,” ribatté, ridacchiando alla mia sorpresa, “così assurdamente semplice che ogni spiegazione è superflua; e tuttavia può servire a definire i confini tra osservazione e deduzione. L’osservazione mi dice avete del fango rossiccio sul collo delle scarpe. Proprio di fronte all’ufficio di Wigmore Street hanno divelto il selciato e ammucchiato della terra in modo che nell’entrarvi si è costretti a calpestarla. Quella terra è di un particolare colore rossiccio che non si trova, per quanto ne so, in nessun altro posto qui vicino. Fin qui è osservazione. Il resto è deduzione.”
“E come avete fatto allora a dedurre il telegramma?”
“Diamine, naturalmente sapevo che non avevate scritto una lettera perché vi sono stato seduto di fronte per tutta la mattinata. Vedo poi che tenete un foglio di francobolli e un bel pacco di cartoline postali nella vostra scrivania aperta. E cosa sareste andato a fare allora in un ufficio postale, se non a spedire un telegramma? Eliminati gli altri fattori, quello che rimane deve essere la verità.”

(tratto da: Eco 1990).


Storia #02. «Una sera, passeggiavamo a casa in una lunga via sudicia, nei pressi del Palais Royal. Ognuno era immerso nei propri pensieri, almeno apparentemente, e da circa un quarto d’ora, non avevamo pronunciato una sola parola. D’improvviso Dupin ruppe il silenzio: “E’ proprio un ragazzo molto piccolo, è vero, sarebbe più adatto al Théâtre des Variétés”.

“Non c’è ombra di dubbio”, replicai senza pensarci e senza accorgermi subito, tanto ero assorto, dello strano modo con cui questa interruzione dava voce alle mie fantasticherie. Un minuto dopo, tornai in me, e il mio stupore fu profondo.

“Dupin”, dissi molto seriamente, “questo supera la mia capacità di comprensione. Le confesso, mi lascia attonito, non credo alle mie orecchie. Come ha potuto indovinare che pensavo a...?” Mi bloccai per avere la certezza che avesse realmente indovinato i miei pensieri.

“...a Chantilly?”, disse; “perché si è interrotto? Stava rimuginando sulla sua taglia minuta, non adatta alla tragedia”.

Era proprio il soggetto delle mie riflessioni. Chantilly era un ex-calzolaio della Rue St. Denis che, preso di passione per il teatro, aveva affrontato il ruolo di Serse nella tragedia di Crébillon; i suoi sforzi avevano suscitato bordate di fischi. “Mi dica, per amor del cielo”, esclamai, “il metodo, se ce n’è uno, grazie al quale è riuscito a sondare la mia anima in proposito”. A dire il vero ero fuori di me molto più di quanto non volessi mostrare.
“E’ stato il fruttivendolo”, replicò il mio amico, “che l’ha convinto che il ciabattino non è abbastanza alto per Serse et id genus omne”.
“Il fruttivendolo! Mi stupisce, non conosco fruttivendoli di sorta!”
“L’uomo che l’ha urtata quando abbiamo imboccato la strada, circa un quarto d’ora fa”.
Mi ricordai allora che effettivamente un ortolano, che portava sul capo una cesta di mele, mi aveva quasi gettato in terra, mentre imboccavamo Rue C*** la strada che stavamo percorrendo. Ma quale fosse il rapporto con Chantilly, non lo capivo. Non c’era traccia di charlatamerie in Dupin.
“Le spiegherò”, disse, “e per farle capire chiaramente, riprenderemo da capo tutte le sue riflessioni, a partire dal momento in cui le ho rivolto la parola fino alla rencontre con il fruttivendolo. Gli anelli principali della catena si susseguono in questo ordine: Chantilly, Orione, il dottor Nichols, Epicuro, la stereotomia, il pavé, il fruttivendolo”.
Poche sono le persone che non si divertono, in un qualche momento della loro vita, a ripercorrere il corso dei propri pensieri e a rintracciare per quale strada sono pervenuti a certe conclusioni. Spesso è un’occupazione di grande interesse, e chi la sperimenta per la prima volta si stupisce dell’incoerenza e della distanza apparentemente incolmabile tra il punto di partenza e il punto di arrivo.
Sarà facile perciò capire il mio stupore quando sentii il Francese parlare così, e fui obbligato a riconoscere che aveva detto la pura verità.
Continuò: “Stavamo parlando di cavalli, se la memoria non m’inganna, proprio poco prima di imboccare Rue C***. E’ stato il nostro ultimo argomento di conversazione. Appena girato su questa strada, un fruttivendolo con una cesta sulla testa passò precipitosamente davanti a noi, spingendola contro un mucchio di ciottoli ammassati in un punto in cui la strada è in riparazione. Lei è inciampato su uno di quei frammenti di pietra ed è scivolato e si è storto leggermente una caviglia; è parso irritato, risentito; ha borbottato qualche parola e si è girato a guardare il mucchio, poi ha proseguito il cammino in silenzio. Non è che stessi attento a tutto quello che faceva, ma ormai, da un pezzo, l’osservazione è diventata per me una specie di necessità.
Ha continuato a tenere gli occhi rivolti al suolo, osservando con una sorta di irritazione le buche e i solchi del percorso (tanto che mi sono accorto che continuava a pensare alle pietre), finché non abbiamo raggiunto la stradetta chiamata di Lamartine, pavimentata in via sperimentale con lastre accostate e fissate solidamente. Qui il suo volto s’è rischiarato, ho visto le sue labbra muoversi e ho indovinato, senza ombra di dubbio, che stava mormorando la parola ‘stereotomia’, un termine applicato con una certa pretesa a quel genere di pavimentazione. Sapevo che non poteva pronunciare il termine stereotomia senza associarlo agli atomi e quindi a Epicuro, e poiché in una nostra recente conversazione, a questo proposito, le avevo fatto notare che le vaghe congetture dell’illustre greco erano state curiosamente confermate, senza che nessuno se ne rendesse conto, dalle più recenti teorie sulle nebulose e dalle ultime scoperte cosmogoniche, sentii che lei non avrebbe potuto fare a meno di sollevare gli occhi verso la grande nebulosa di Orione; me lo aspettavo. Lei non mancò di farlo: allora fui sicuro di aver colto il percorso della sua mente. Ora l’autore di quella velenosa amara satira contro Chantilly, comparsa ieri sul Musée, facendo allusioni malevole al fatto che il ciabattino ha cambiato nome da quando ha calzato i coturni, citava un verso latino di cui abbiamo discusso spesso. Intendo: Perdidit antiquum litera prima sonum.
Io sostenevo che si riferiva a Orione che un tempo si scriveva Urione, e, per certe asprezze della discussione, ero sicuro che non l’avesse dimenticato. Pertanto era certo che poteva mancare di associare le due idee di Chantilly e di Orione. Questa associazione mentale mi fu chiara vedendo il genere di sorriso che aleggiò sulle sue labbra. Stava pensando al sacrificio del povero calzolaio. Fino a quel momento aveva proceduto tutto curvo, ma ora la vidi drizzarsi in tutta la sua altezza. Fui sicuro che stava pensando alla minuscola figura di Chantilly. A questo punto ho interrotto le sue riflessioni per osservare che in realtà questo Chantilly era un uomo piccolissimo, e che sarebbe stato più adatto al Théâtre des Variétés»

(tratto da: Eco, Sebeok 2004).


Molti lettori hanno fatto esperienza di come Sherlock Holmes è solito scoprire il colpevole di un crimine. Nel breve dialogo tratto da The sign of the four di Arthur Conan Doyle (storia #01) Holmes descrive a Watson il corso dei suoi pensieri, di come lo portano a inferire che il fedele amico si fosse recato all’ufficio postale di Wigmore Street per spedire un telegramma. Il testo sembra presentare un modello allegorico perfetto dell’inchiesta scientifica.

Che tipo di ragionamento è quello che adottano Sherlock Holmes o Dupin? Quando si discute di abduzione è tradizionale il riferimento agli studi di Charles Sanders Peirce (Peirce 1934-1948) e alla sua celebre storia dei fagioli (Eco 1990). Un ragionamento abduttivo è un processo che, a partire dalle osservazioni, permette di trarre una ipotesi che spiega tali osservazioni: se nessuna altra ipotesi riesce a spiegare l’osservazione tanto bene quanto l’ipotesi adottata, allora essa è plausibilmente vera e diventa una regola che struttura quell’occorrenza (Peirce 1934-1948; Eco 2007). C’è molto in comune tra la scommessa che fa quotidianamente uno scienziato alle prese con i fenomeni che indaga ed il procedimento del detective: rileggendo il modo in cui Holmes parla di Deduzione e Osservazione non è complicato accostarlo ad una inferenza del tutto simile alla Abduzione di Peirce. In fondo, posti di fronte all’impossibilità di cercare “direttamente” una Legge in un campo di fenomeni poco studiato o, comunque, in cui vi è poca chiarezza circa le sue strutture, seguendo i consigli di Peirce (e di Holmes) non si dovrebbe far altro che “prendere a prestito” una Legge “altrove” e ragionare per analogia (il termine inglese abduction è molto significativo in tal senso e, a pensarci bene, anche negli studi di management e nelle scienze sociali in generale si applicano costantemente, a volte senza neanche più accorgersene, ragionamenti per analogia).

Nel caso dell’estratto del racconto di Conan Doyle (ma la cosa vale anche per il racconto di Edgar Allan Poe), il “fatto sorprendente” iniziale osservato da Holmes era collegato ad un po’ di fango rosso sul collo delle scarpe di Watson. Come sottolinea lo stesso Umberto Eco nel commentare questo passo (1990), nella Londra del XIX secolo non doveva essere infrequente attraversare strade infangate. Ma è altrettanto evidente che, nel momento in cui Holmes indirizza la sua attenzione sulle scarpe dell’amico “ha già qualche idea in mente”. La prima abduzione che si incontra è la seguente: “la gente con fango sul collo delle scarpe è stata nei luoghi non selciati [della città]”. Si tratta di una abduzione del primo tipo basata su un sintomo, vale a dire su una contiguità necessaria tra effetto e causa, un tipo di legge già in un qualche modo codificata (il fango delle strade sporche può rimanere attaccato al collo delle scarpe). La seconda abduzione che si incontra nella ricostruzione di Holmes è più complessa in quanto presuppone il tentativo di selezionare una regola da una serie sconnessa di accadimenti o da una sequenza coerente degli stessi. Ecco come lo stesso Eco la riassume (1990): “perché Wigmore Street? Perché la terra che vi si trova è di quella particolare tinta. Ma perché non supporre che Watson abbia preso la carrozza e si sia recato in un luogo più lontano? Perché la scelta della strada più vicina si ispira a ragionevoli criteri di economia”. Questi due tipi di inferenza sono definite da Eco come abduzioni ipercodificate e ipocodificate: però, non dicono nulla sui motivi che hanno portato Watson a Wigmore Street. A questo punto, Holmes inventa: prova cioè a costruire una ipotesi testuale verosimile, un mondo possibile che preveda il fatto che l’ufficio postale sia la più probabile meta di Watson anche se ogni evidenza sembra essere contraria a questa supposizione. A ben vedere: “Holmes non sceglie fra probabilità ragionevoli [il che rappresenterebbe un caso di abduzione di primo tipo]: al contrario, scommette contro tutti i pronostici, inventa per il solo amore dell’eleganza” (Eco 1990). Con le parole di Umberto Eco:

«Holmes può tentare la sua meta-abudzione solo perché pensa che le sue abduzioni creative siano giustificate da un forte collegamento tra la mente e il mondo esterno. [...] La fiducia di Peirce in un tale accordo fra la mente e il corso degli eventi è più evoluzionistica che razionalistica. La certezza offerta dall’abduzione non esclude il fallibilismo, che domina ogni ricerca scientifica, “perché il fallibilismo è la teoria secondo cui la nostra conoscenza non è mai assoluta ma nuota, per così dire, in un continuum di incertezza e indeterminazione”» (1990, p. 252-253: corsivo originale).

In sostanza, lo scienziato così come il detective con il suo caso, il filologo con l’interpretazione dei testi, il medico con la diagnosi di una malattia, letteralmente mettono in scena abduzioni del secondo o del terzo tipo:

«quando il detective, o lo scienziato, o il critico o il filologo fanno un’Abduzione, essi debbono scommettere che la soluzione che hanno trovato (il Mondo possibile della loro immaginazione ipotetica) corrisponda al Mondo Reale. E per questo debbono fare altre verifiche e altre prove» (Eco 1985, p.170).

Se il nostro modo di ragionare funziona secondo le leggi della messa in scena teatrale o, per meglio dire, del caso più generale della finzione letteraria o narrativa (Eco 1979, 2007; Merton 1991), allora la metafora testuale può costituire un’interessante strada che vale la pena percorrere. 

Alcuni riferimenti bibliografici:  

  • Eco U. (1975), Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano.
  • Eco U. (1979), Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, (ed. consultata: IX ed. “Tascabili”, 2004), Bompiani, Milano.
  • Eco U. (1990), I limiti dell’interpretazione, (ed. consultata: IV ed., 2004), Bompiani, Milano.
  • Eco U. (2007), Dall’albero al labirinto. Studi storici sul segno e l’interpretazione, Bompiani, Milano.
  • Eco U., Sebeok T. A. (a cura di), (2004) Il segno dei tre. Holmes, Dupin, Peirce, Bompiani, Milano
  • Ginzburg C. (2000), Miti emblemi spie. Morfologia e storia, Piccola Biblioteca Einaudi, Milano.
  • Peirce C.S. (1934-1948), Collected Papers (vol. 4), Harvard University Press, Cambridge.
  • lo studio dei processi produttivi, di product design e i processi di innovazione in una logica di cambiamento organizzativo e istituzionale;  
  • l’analisi dei processi di sensemaking collegati le implicazioni organizzative e strategiche della prospettiva knowledge-based
  • il più ampio problema del superamento del rapporto tra agency e structure nelle scienze sociali e l’emergere di istituzioni e mercati come “costruzioni collettive”; 
  • più in generale, il ruolo “trasformativo” delle pratiche di management (con particolare riferimento alle pratiche di marketing e dei processi di consumo) come fenomeni storicamente e socialmente situati, vale a dire “tecnologie” culturalmente sensibili all’interpretazione e alla traduzione che ne viene fatta dagli attori in gioco, contribuendo in questo modo a dare forma al contesto socio-culturale in cui tali pratiche sono organicamente inserite 

I contesti empirici in cui si concentra la mia attività scientifica riguardano organizzazioni definibili “knowledge intensive”: 

  • il management delle organizzazioni artistico-culturali (nel caso delle visual e performing arts), le problematiche dei modelli di gestione delle istituzioni pubbliche per la produzione culturale, il rapporto tra istituzioni culturali e pubblici nella prospettiva della “Consumer Culture Theory-CCT”);
  • lo sviluppo dei contesti territoriali, il ruolo del design e della creatività nell’emergere dei modelli imprenditoriali e nello sviluppo dei processi di istituzionalizzazione (con il concetto di “design” inteso come “rappresentazione di un progetto culturale” in una prospettiva di cambiamento organizzativo e di innovazione istituzionale); 
  • le dinamiche organizzative e gestionali di laboratori di ricerca e organizzazioni science-based (con riferimento al settore delle “life sciences” e alle biotecnologie), introducendo le prospettive dei “Science and Technology Studies-STS”, della “Social construction of technology” e della sociologia economica e dei mercati.

Institutions & Network, Knowledge generation/ Representation, Innovation:

  • Un tempo per il lavoro. Come gli "intermittenti dello spettacolo" in Francia stavano per cambiare il mercato del lavoro(libro, 2020/2021)
  • «A “Historical Experiment” of Collective Action in a Cultural Labor Market: Linking Governmentality and Institutional Maintenance» (journal article, in progress, 2021)
  • «Institutional dynamics, participatory culture, and digital artifacts: “Arduino” and emerging forms of “unconventional entrepreneurial learning”» (journal article, in progress, first draft: 2020)
  • «Critical Management Education, “The Role fo the Reader” and “New Media Literacy”: Teaching Management Studies as a Social Practice» (conference paper, 2020; journal article, 2021)
  • «Imprenditorialità istituzionale e forme organizzative nuove per la gestione di un sito Unesco: questioni di innovazione istituzionale, di cambiamento organizzativo e di master plan» (articolo di rivista: manoscritto in fase di revisione)
  • «Renaissance and the Contexts of Innovation: Power, Cultural Entrepreneurship, and Institutional Change»:
    • «”Mad Blood Stirring” (the “Crudel Zobia Grassa”) in 1511: Institutional Change/Collective Action, Social Dis/Ordering, and Vendetta in the Most Damaging Popular Revolt in Renaissance Italy» (extended abstract, 2020; journal article, 2022)
    • «Popular Culture, Dissidence, and Institutional Control: “Power, Action and Belief”, in the Story of a Miller (1583-1599)» (work in progress)
    • «The Originality of Machiavelli”: An Institutional Entrepreneurship Perspective of Power and Dominance» (work in progress)
    • «Baldasar Castiglione and “The Book of Courtier” (1513-1524/1528): Institutional Maintenance and Cultural Entrepreneurship» (work in progress)
  • «New Organizational Forms and Institutional Entrepreneurship: The “Amphibious Scientist” Phenomenon and the Creation of Biotechnology Firms (1968-1981)» (working title)
  • «An Institutional History of Madness: Franco Basaglia and the Case for a Radical Revolution» (working title)

Marketing research and Consumer Behaviour

  • «“Festina Lente” as a motto, and “a dolphin twisted round an anchor” as a symbol: Brand meaning and the printing revolution (1494-1515)» (short paper/conference paper 2021; journal article)
  • «On the Methods of Historical Institutionalism: “Précarité”, Collective Action, and the Cultural Labor Market in France» (conference paper 2021)
  • «Memory and Institutional Dynamics in Markets: “The Phantasmal of Memories” in W.G. Sebald’s Narrative» (short paper/conference paper 2020)
  • «TimeSpace of Human Activity and Consumer Behavior: “The Innocence of Objects”, Memory and Nostalgia» (short paper 2019; journal article: working title)
  • «"Critical Zones" and Ecological Materiality: Marketing of "Hyperobjects" and "Speculative Realism" in Consumer Research» (working title)
  • «Collecting Books, “translation”, and “TimeSpace” in Human Activity: Consumer Behaviour in the History of Libraries» (working title)
  • «Institutional Work and “Social Archaeology”: Materiality and Institutional Dynamics in Markets» (conference paper: working title)
  • «An “Archaeology of Matter” in Consumer Behavior: “Consuming History”, and “How Objects Become Things” (working title)
  • «Some Elements of Institutional Work: A Cultural History of Gothic Architecture»/«Spatial Perspective and Markets Dynamics: The "Cathedrals of Culture" Project and the "Soul of Buildings"»  (working title)

Metodologia di ricerca/Strategie di ricerca

  • Alvesson M., Skoldberg K. (2009), Reflexive Methodology: New Vistas for Qualitative Research, Sage
  • Alvesson M., Karreman D. (2011), Qualitative Research and Theory Development. Mystery as Method, Sage
  • Belk R. (ed.), (2006), Handbook of Qualitative Research Methods in Marketing, Edward Elgar Publishing
  • Clegg S.R., Hardy C. (1999), Studying Organization. Theory & Method, Sage.
  • Denzin N.K., Lincoln Y.S. (2005), The Sage Handbook of Qualitative Research, Sage.
  • Latour B. (2005), Reassembling the Social. An Introduction to Actor-Network-Theory, Oxford University Press.
  • Lincoln Y.S., Guba E.G. (1985), Naturalistic Inquiry, Sage 
  • Mills A.J. et al. (2010), Encyclopedia of Case Study Research, Sage.
  • Weick K.E. (1979), The Social Psychology of Organizing, 2^ ed., Addison-Wesley.
  • Weick K.E. (1995), Sensemaking in Organizations, Sage.

Conoscenza Narrativa

  • Boje D.M. (2001), Narrative methods for organizational and communication research, Sage, Thousand Oaks
  • Bruner J. (2005), La mente a più dimensioni, Economica Laterza Edizioni, Roma-Bari. 
  • Czarniawska B. (1997), Narrating the Organization. Dramas of Institutional Identity, The University of Chicago Press.
  • Eco U. (2004a), Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, IX ed., Bompiani.
  • Eco U. (2004b), Opera Aperta, VI ed., Bompiani.
  • Eco U. (2005), Sei passeggiate nei boschi narrativi. Harvard University, Norton Lectures, 1992-1993, VI ed., Bompiani.

Etnografia/Etnometodologia 

  • Agar M. (1994), Language Shock. Understanding the Culture of Conversation, Harper Collina.
  • Agar M. (1996), The Professional Stranger. An Informal Introduction to Ethnography, 2th edition, Academic Press-Elsevier.
  • Bruni A. (2003), Lo studio etnografico delle organizzazioni, Carocci.
  • Garfinkel H. (1984), Studies in Ethnomethodology, Polity Press.
  • Kozinets R. (2015), Netnography: Redefined, 2nd Edition, Sage
  • Marcus G.E., Fischer M.M.J. (1999), Anthropology as Cultural Critique. An Experimental Moment in the Human Sciences, 2^ Ed., Chicago, University of Chicago Press.
  • Van Maanen, J. (1988), Tales of the Field: On Writing Ethnography, University of Chicago Press 

Studi di caso/Storie organizzative

  • Anteby M. (2013), Manufacturing Morals: The Values of Silence in Business School Education, University of Chicago Press
  • Barley S., Orr J. (1997), Between Craft and Science: Technical Work in the U.S. Settings, Cornell University Press.
  • Barley S., Kunda G. (2004), Gurus, Hires Guns, and Warm Bodies: Itinerant Experts in a Knowledge Economy, Princeton University Press.
  • Khurana R. (2010), From Higher Aims to Hired Hands: The Social Transformation of American Business Schools and the Unfulfilled Promise of Management as a Profession, Princeton University Press.
  • Kunda G. (1992), Engineering Culture. Control and Commitment in a High-Tech Corporation, Philadelphia, Temple University Press.
  • Latour B. (2002), La fabrique du droit. Une ethnographie du Conseil d’Etat, La Découverte.
  • Orr J. (1996), Talking about machines: An Ethnography of a Modern Job, Cornell University Press.  
  • Starr P. (1984), The Social Transformation of American Medicine: The rise of a sovereign profession and the making of a vast industry, Basic Books

I contesti empirici

I contesti empirici in cui si concentra la mia attività scientifica riguardano organizzazioni definibili come "knowledge intensive":

  • il management delle organizzazioni artistico-culturali (visual & performing arts), le problematiche dei modelli di gestione delle istituzioni pubbliche per la produzione culturale, il rapporto tra istituzioni culturali e pubblici nella prospettiva della "Consumer Culture Theory-CCT";
  • lo sviluppo dei contesti territoriali, il ruolo del design e della creatività nell'emergere dei modelli imprenditoriali e nello sviluppo dei processi di istituzionalizzazione (con il concetto "design" inteso come "rappresentazione di un progetto culturale" in una prospettiva di cambiamento organizzativo e di innovazione istituzionale);
  • le dinamiche organizzative e gestionali di laboratori di ricerca e organizzazioni/contesti science-baed (ad esempio, nel settore delle "life sciences" e nelle biotecnologie), introducendo le prospettive dei "Science and Technology Studies-STS", della "Social Construction of Technology-SCOT" e della sociologia economica e dei mercati.

I temi di ricerca

  • lo studio dei processi produttivi, di product design e i processi di innovazione in una logica di cambiamento organizzato e istituzionale;
  • l'analisi dei processi di sensemaking collegati alle implicazioni organizzative e strategiche della prospettiva knowledge-based;
  • il più ampio problema del superamento del rapporto tra agency e structure nelle scienze sociali e l'emergere di istituzioni e mercati come "costruzioni collettive";
  • in generale, il ruolo "trasformativo" delle teorie e delle pratiche di management (con particolare riferimento alle pratiche di marketing e dei processi di consumo) come fenomeni storicamente e socialmente situati, vale a dire "tecnologie" culturalmente sensibili all'interpretazione e alla traduzione che nei viene fatta dagli attori in gioco, contribuendo in questo modo a dare forma al contesto socio-culturale in cui tali pratiche sono organicamente inserite